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Milano: al Teatro Dal Verme, che swing!
Scritto da Freddy Colt   
martedì 06 aprile 2010
MILANO - Lo scorso lunedì 29 marzo presso il Teatro Dal Verme di Milano ha avuto luogo una entusiasmante serata dedicata alle big band dell'era dello swing. Sotto il titolo di "A Jazz Story" si è svolto infatti con grande affluenza di pubblico un gran gala a favore dell'ospedale indiano di Umden-Shillong promosso da numerosi Rotary Club dell'area milanese sotto l'abile mano organizzativa di Giorgio Rossi, figlio di quel Carlo Alberto cui si deve una non indifferente parte nella modernizzazione della canzone italiana tra gli anni '40 e '50. Non si è trattato di un semplice concerto, ma di uno spettacolo articolato e vario, magistralmente condotto da Lino Patruno, showman di ampia esperienza e musicista jazz sensibile alla tradizione di New Orleans e alle correnti pre-boppistiche. L'orchestra in scena era di prim'ordine, una big band capeggiata dal maestro Paolo Tomelleri, clarinettista sopraffino e profondo conoscitore del linguaggio "classico" del jazz, dal dixieland allo swing. Nel susseguirsi dei grandi classici, ripresi dai repertori di Benny Goodman, Glenn Miller, Duke Ellington, Artie Shaw ed Ella Fitzgerald, il band-leader e i musicisti dell'orchestra - tra i quali spiccavano solisti del calibro di Emilio Soana, Rudy Migliardi e Tony Arco -  hanno saputo conquistare con una carica di swing un pubblico attento e partecipe.
Il teatro era tutto esaurito e l'entusiasmo si è percepito in sala all'ascolto di evergreen come "In the mood" o "Moonlinght serenade". Copiosi applausi anche per l'ospite vocale della serata, la cantante inglese Joanna Rimmer, che ha colpito sia per l'eleganza della figura che per le indubbie doti interpretative. Coinvolgente e spettacolare la presenza di quattro ballerini di stile "Lindy Hop", due coppie di giovani danzatori impeccabilmente abbigliati e stilisticamente ineccepibili nelle loro evoluzioni sulle note swing e jive (travolgente il gran finale con "Sing sing sing" di Louis Prima nella celebre versione goodmaniana). Lino Patruno ha anche regalato al pubblico una sua improvissata performance di strumentista, sempre brillante ed efficace, unendosi in un paio di brani alla big band (piccolo appunto: un banjo avrebbe figurato meglio nelle mani di Patruno, anziché una chitarra elettrica!). Nella scena spesso ripetitiva e noiosa del jazz contemporaneo, dove ormai è quasi venuto a mancare completamente l'elemento caratterizzante dello swing, una serata come questa - per qualità musicale e pregi organizzativi - è senz'altro risultata come una boccata d'ossigeno.