Recensendo [cd]: "Roundagain" di Joshua Redman-Brad Mehldau-Christian Mc Bride-Brian Blade |
Scritto da Adriano Ghirardo
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martedì 25 agosto 2020 |
Era il 1994 quando un giovane sassofonista, Joshua Redman, figlio di cotanto padre, pubblicava “Moodswing”, uno dei primi dischi in cui dimostrava quel mix di tecnica e talento che sono stati la cifra espressiva della sua carriera. Ad accompagnarlo un trio che, come lui, oggi rappresenta una all-stars del jazz moderno. Non sono mancate, successivamente, ulteriori collaborazioni con alcuni di loro ma i quattro non si erano più incontrati come combo al completo (oltre a Redman Brad Mehldau, Christian Mc Bride e Brian Blade). Quale migliore occasione del venticinquennale di quella incisione per rivedersi e fare un bilancio dell'evoluzione tecnica e musicale dopo che, l'anno scorso, Joshua aveva ricomposto il quartetto degli anni 2000 nell'ottimo “Come what may”. Il risultato non delude le aspettative: sette composizioni originali (tre di Redman, due di Mehldau, una a testa per la sezione ritmica), il piacere di ascoltarsi e interagire e, al confronto, un notevole passo in avanti in personalità rispetto alla seppur ottima incisione giovanile. Bastano pochi arpeggi del piano sull'iniziale “Undertow”, composta da Redman, o la successiva “Moe Honk”, di Mehldau, per apprezzare il fine incrocio poliritmico tra gli strumenti e l'apertura swing dopo un tema complesso. Episodi più “facili” (“Silly little love song” che sembra fare il verso a “Mo' better blues”) si alternano ad una pagina blueseggiante scritta da Mc Bride (“Floppy diss”) o al 3/4 di Mehldau “Father”. Ma è tutto il disco a scorrere piacevolmente dimostrando che non si tratta di un supergruppo creato per motivi pubblicitari o di cassetta. Aspettiamo il quartetto tra altri 25 anni per il nuovo upgrade sul loro percorso artistico.
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