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L'editoriale [numero 11]: "Il Festival del Jazz di Sanremo è morto ma quest'anno potrebbe rinascere"
Scritto da Marco Scolesi   
venerdì 27 febbraio 2015
Prendete carta e penna, la notizia è di quelle importanti. Rinasce, forse già la prossima estate, il Festival Internazionale del Jazz di Sanremo. Certamente ci sta lavorando la nuova amministrazione comunale guidata dal sindaco Alberto Biancheri. La pratica è sul tavolo dell'assessore alla Cultura e Manifestazioni Daniela Cassini, che sarebbe intenzionata a ripristinarlo al più presto. "L'idea c'è - spiega la Cassini - e posso dire che il jazz in qualche modo tornerà a Sanremo. E' una parte fondamentale della nostra storia musicale. Probabilmente inseriremo degli eventi nel calendario estivo anche se al momento non me la sento di parlare proprio di rassegna o festival, che poi potrà tornare nei prossini anni. Affideremo la direzione artistica a soggetti esterni alla città che ci garantiranno artisti internazionali, nomi di assoluto prestigio. Sanremo è la città della musica, non solo canzoni però, ma anche jazz e classica con la nostra Orchestra Sinfonica che ora ha un nuovo direttore, Giancarlo De Lorenzo, che riporterà l'attività sul classicismo". A Sanremo, che in materia di jazz può vantare un glorioso passato, con il primo festival datato 1956 e con varie rassegne estive all'Auditorium Franco Alfano (ora un cantiere abbandonato), da un po' tempo gli appassionati di jazz si sentono disorientati. Per un breve periodo il caro amico Dodo Goya ha tentato di riportarlo in vita attraverso il progetto Soundz, che però, nonostante il livello artistico alto, non è mai riuscito a trovare una sede stabile e neanche un periodo: prima al Roof dell'Ariston in Primavera, poi a Villa Ormond d'estate, quindi ancora in Primavera ma al Ritz. Il problema è che a Sanremo, se escludiamo il teatro del Casinò, al momento non ci sono spazi idonei per la musica. Infatti, quello della sede sarà un problema non semplice da risolvere. In ogni caso, per dare credibilità e soprattutto continuità alla rassegna, gli organizzatori dovranno trovare un luogo e delle date fisse, da mantenere nel tempo. Così succede in tutti i festival, in Italia e all'estero. Vale la pena, però, in attesa di novità certe, raccontare un po' di storia. Il Festival Internazionale del Jazz di Sanremo è nato nel 1956 ed è stato il primo di questo genere in Europa. Ha ospitato tutti i più grandi nomi, ormai leggendari (Duke Ellington, Ella Fitzgerald, Sarah Vaughan, Lionel Hampton, Dexter Gordon, Count Basie, Modern Jazz Quartet, Gerry Mulligan, Chet Baker). L'elenco sarebbe lunghissimo, in estrema sintesi quasi tutti i grandi tranne Miles Davis. In America quando si citava il Festival di Sanremo, non era certo quello della canzone italiana, che invece ora è il più noto. La storia del jazz a Sanremo è narrata nel bel volume-album fotografico "Sanremo Jazz Sounds", realizzato dalla Mellophonium Broadsides per i 50 del Festival Internazionale del Jazz di Sanremo. Contiene le foto di Afredo Moreschi, Roberto Coggiola, Omero Barletta e Umberto Germinale, più una prefazione del poeta Giuseppe Conte, amante del jazz e residente a Sanremo, e una postfazione del nostro editore e musicista Freddy Colt. Inoltre contiene un tributo a Giorgio Bottini, che insieme a Titti Dulbecco rappresentava la storia del jazz a Sanremo, poi ereditata dal contrabbassista Goya, che adesso per scelta si è un po' defilato, e da Germinale, che con Goya, Bottini e Dulbecco si è fatto le ossa. "Una rapida indagine di mercato, anche sui principali motori web di e-commerce, consentirebbe di constatare che il jazz è, miracolosamente, un bene sul mercato con una considerevole domanda - ha scritto Paolo Romano su Huffington Post -. I teatri, i festival, le iniziative, i concerti sono costantemente affollati, le scuole di musica e i conservatori jazz sfornano ogni anno decine di talenti (in fuga, come ovvio, e rubati principalmente dagli Stati Uniti, cui tutto si può obiettare tranne il fiuto per gli affari), gli album e le ristampe non hanno subìto la mortificazione di vendite del rock e della musica leggera. In sintesi, con il jazz si fa cultura e si fanno soldi (citofonare New York). Certo, a condizioni economiche e di business non direttamente paragonabili, quando per undici anni, dal 1956 al 1964, a pochi giorni di distanza dal Festival della Canzone Italiana, andò in onda sulla radio e sulla tv della Rai il Festival Internazionale del Jazz di Sanremo fece maggiori ascolti del fratello maggiore. La Rai, però, di quei tempi, non aveva paura di rischiare con Domenico Modugno e Claudio Villa, da una parte, e il Modern Jazz Quartet dall'altra. E vinse la sfida facendo tombola grazie alla musica di qualità. Bandiamo il coraggio alla Don Abbondio. I talenti li abbiamo, le strutture pure, gli sponsor non mancherebbero. Si batta un colpo dalle parti di viale Mazzini, si provi a ragionare su un nuovo Festival Internazionale del Jazz, magari ancora a Sanremo, magari ancora in diretta radio e tv, anche solo per due giorni. Scommettiamo sugli ascolti?". Che il Comune di Sanremo si faccia avanti, dal momento che c'è sempre da discutere una convenzione con la Rai. Ora, inoltre, con il digitale terrestre esistono più canali, molti anche tematici come Rai 5. Queste, però, sono tutte parole che gireranno nella rete, come tante altre, e solo la storia al momento ci può consolare. In attesa di una rinascita concreta saremo, ancora una volta, costretti a guardarci intorno: in Francia, ad Ospedaletti, a Laigueglia, ad Albenga, a Genova. Se il jazz a Sanremo è morto, auguriamo lunga vita al jazz. 


 
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