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Carla Bley e le emozioni regalate dalla sua musica. Ricordo della grande pianista e compositrice
Scritto da Adriano Ghirardo   
domenica 29 ottobre 2023
Il 2023 è stato un anno nero per gli appassionati di musica jazz. Infatti, alla scomparsa di giganti quali Wayne Shorter e Ahmad Jamal, si è aggiunta nelle scorse settimane, il 17 ottobre, quella di Lovella May Borg, universalmente nota come Carla Bley. Aveva 87 anni. La pianista, compositrice e arrangiatrice californiana è stata una delle figure chiave del jazz moderno riuscendo ad inserire le innovazioni delle orchestre di Gil Evans e Duke Ellington, sue riconosciute influenze, nell'impetuoso fiume dell'improvvisazione radicale di cui ha fatto parte sia a proprio nome che collaborando con Charlie Haden, Don Cherry, Roswell Rudd e molti altri. Ma queste mie righe, più che aggiungersi alle decine di “coccodrilli” apparsi nelle testate specializzate, vorrebbero fissare alcune delle emozioni che la sua musica mi ha regalato.
Ricordo perfettamente il momento in cui scoprii il suo universo sonoro: erano i primi anni Novanta quando l'amico Fabrizio Vincitorio mi prestò una copia di “Fleur carnivore” e io rimasi affascinato (come continuo ad esserlo) dal perfetto equilibrio tra le partiture scritte e le improvvisazioni di solisti quali Andy Sheppard, Lew Soloff, Gary Valente e Wolfgang Puschnig. Una musica che alterna slanci vitalistici e pagine nostalgiche senza dimenticare l'ironia che Carla ha sempre inserito sia nella scelta dei titoli che in improvvise citazioni scherzose. Negli anni successivi ho avuto la fortuna di ascoltarla dal vivo più volte sia con la sua big band (al Nice Jazz Festival del 2009) che in trio con l'amato Steve Swallow e Andy Sheppard o nel progetto “The lost chords” in cui, al succitato combo, si aggiungeva la batteria di Billy Drummond. Ma il concerto a cui sono più legato è stato quello a cui ho assistito al Torino Jazz Festival del 2018. In quella occasione la Torino Jazz Orchestra, diretta da Fulvio Albano e comprendente musicisti di vaglia quali Claudio Chiara, Helga Plankensteiner, Rudi Migliardi, Adam Pache e Fabio Giachino, invitò Carla Bley e Steve Swallow per quella che è stata la mia ultima occasione per vederla dal vivo.
Nonostante avesse già 82 anni la bandleader si è prestata con entusiasmo al progetto riprendendo col nome di “Turin Project reloaded” il programma che, nel 2012, la formazione stava eseguendo al festival torinese prima di essere interrotta da un improvviso temporale. “Appearing nightly at the Black Orchid”, ispirata al ricordo dei suoi esordi, aprì il concerto seguita da altri classici della sua produzione tra cui “All fall down”, “Awful coffee” e “On the stage in cages”. Pure in assenza dei solisti originari della big band e con un interplay logicamente non paragonabile a quello quasi telepatico creatosi nel gruppo della Bley l'orchestra torinese ha reso omaggio in maniera più che dignitosa alle complesse partiture dell'arrangiatrice statunitense. Durante il richiestissimo bis, quasi come per uno scherzo del destino, un temporale si è abbattuto sulle O.G.R. ma senza impedire la conclusione del concerto. Una vittoria della musica sugli eventi atmosferici salutata da Carla e Steve con un sorriso sornione. Ed è stata la prima immagine che mi è venuta alla mente quando ho appreso la triste notizia della sua dipartita.
 
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