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Recensendo [cd]: “Ovunque proteggi” di Vinicio Capossela
Scritto da Marco Scolesi   
giovedì 20 aprile 2006
“Ovunque proteggi” è un cd coraggioso che guarda lontano: Capossela è l’unico cantautore in Italia in grado di mettersi sempre in discussione. Antico e contemporaneo al tempo stesso. Nonostante il riscontro immediato delle classifiche “Ovunque proteggi” è un disco difficile.
Le sonorità iniziali sono ruvide e animalesche, anche se poi si stemperano nelle seconda parte. Musica eterogenea, che passa dalla festosità paesana de “L’uomo vivo” al techno-rock di “Moskavalza”, per poi attraversare l’oriente con “Lanterne rosse” (al disco collabora il giapponese Gak Sato), fino ad arrivare al valzer di “Nel blu” o alla scanzonata “Medusa cha cha cha” e chiudere con la ballata intima “Ovunque proteggi”, una delle più intense del suo repertorio. Ma andiamo con ordine. L’apertura di “Non trattare” è tribale e di ossessiva bellezza. Marc Ribot alla chitarra e utilizzo del corno rituale della tradizione ebraica. Il testo è di citazioni bibliche. In “Brucia Troia” c’è la marimba africana ed è una sorta di rievocazione del mito di Omero. “Dalla parte di Spessotto”, registrata a Calitri, paese natale del papà di Capossela, è un’ode all’infanzia, una filastrocca con invenzioni iperboliche. Il primo divertissement è il già citato “Moskavalza”, cialtronesca citazione russo-balcanica giocata su assonanze multilinguistiche. Anche se non tutti ameranno la drum machine. “Al Colosseo”, introdotta dalle fanfare, è scandita dal ritmo dei timpani e rievoca le barbarie dei giochi romani. Qui c’è una traccia fantasma, recitata, sulla carne. “L’uomo vivo” è una canzone bandistica che narra le vicende di un Cristo che, una volta risorto, viene trascinato per il paese a bere e a mangiare. “Medusa cha cha cha” è il secondo divertimento del disco, prima del cambio di rotta. Atmosfere anni ’50 e teremin in evidenza. Esilarante e gustoso intermezzo. “Nel blu” è riflessiva e ariosa con Capossela al pianoforte che torna, dopo tante efferatezze, a parlare d’amore. Nostalgia e rimpianti in “Dove siamo rimasti a terra Nutless”: una canzone che ricorda il Capossela dei primi anni. Uno dei vertici della selezione. Molto triste il tradizionale messicano “Pena del alma” in cui il protagonista si rivolge alla donna amata, ora lontana, e ne decanta la figura. Flauto cinese, violino e pianoforte in “Lanterne rosse” per una melodia esile in cui perdersi con infinito piacere. “S.S. dei naufragati” è un capolavoro: Capossela recita ispirandosi alla “Ballata del vecchio marinaio” di Coleridge e al “Moby Dick” di Melville con una drammaticità crescente la fine di un gruppo di naufraghi prosciugati dalla sete. In evidenza violoncello, armonium, teremin e il Coro della Cappella di San Maurizio di Milano. Incantevole. Finale classico, con Capossela che torna al pianoforte cantando in “Ovunque proteggi” la meraviglia dell’amore, la certezza di un’altra caduta e la speranza di una redenzione. Ogni brano è stato registrato in un luogo diverso, in giro per l’Italia. Un grande ritorno a cinque anni da “Canzoni e manovella” tra gioia, passioni, salmi, naufragi, visioni, deliri, invocazioni, miserie e minotauri. Comprate una bottiglia di vino da meditazione e il cd in questione. Mescolate tutto in una di queste sere primaverili. Ne uscirete pieni di grazia.