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L'editoriale [numero 61]: "Jaimie Branch, in memoria. Tromba irregolare per le nuove vie del jazz"
Scritto da Marco Scolesi   
domenica 01 gennaio 2023
Non scrivo più editoriali a cadenza mensile, bensì saltuaria. E' bene farlo non per abitudine, e così farò in futuro, ma quando si sente la necessità di dire qualcosa di vero, di sentito. Non dev'essere un vincolo, o una urgenza come succede nei giornali quando si deve andare in stampa e il direttore chiede di rispettare i tempi perché quella pagina va comunque riempita. Sono le distorsioni dell'editoria.
In questo periodo, come sempre all'inizio del nuovo anno, sto mettendo a punto il mio Best Jazz 2022 del Mellophonium.it e riascoltando le uscite degli ultimi 12 mesi (decisamente troppe) ho selezionato tra le mie cose preferite Anteloper, duo della trombettista americana Jaimie Branch, nota con il soprannome "Breezy" (ventilata). Ho selezionato soprattutto, per la categoria miglior concerto, il live che il duo ha tenuto a Torino a "Jazz is Dead", nel maggio 2022. Un concerto intenso e coinvolgente, un magma sonoro ipnotico tra improvvisazione e sapiente utilizzo di effetti ed elettronica, sulle nuove vie del jazz. Pochi mesi dopo, ad agosto, Jaimie Branch se n'è andata all'improvviso, contribuendo ad allungare l'elenco di jazzisti irregolari morti troppo giovani, ma che avevano un'anima, tanto da rivoluzionare, in alcuni casi, la storia del jazz. Pensiamo solo a Charlie Parker (o John Coltrane ma con modalità differenti). La sua parabola è stata breve, aveva 39 anni, certo non paragonabile a quella di Bird, ma significativa, almeno nella scena jazz contemporanea, che risulta sempre di più fredda e studiata, con musicisti tecnicamente impeccabili ma con poco vissuto e poca anima. La Branch è stata una improvvisatrice di rara originalità, apprezzata anche nel gruppo di James Brandon Lewis.
"Non sono più i tempi in cui la morte di un jazzista segna una profonda cesura nel tessuto socio-culturale di queste musiche (pensiamo alla dipartita di un Charlie Parker o di John Coltrane, ma anche quella di Clifford Brown negli anni ‘50), ma emerge la sensazione che con la Branch se ne vada anche un’idea forte e originale di come le pratiche e i linguaggi del jazz possano rinnovarsi se innervate da una profonda umanità, con tutte le sue contraddizioni e imperfezioni", ha scritto Enrico Bettinello su Il Giornale della Musica.
Jaimie Brach aveva studiato al New England Conservatory of Music, poi si inserì all’interno della scena di Chicago (tra le più interessanti), per poi trasferirsi a Brooklyn nel 2015, muovendosi in modo naturale tra rock indipendente, sperimentazioni, improvvisazione, jazz. "Nella sua musica - ancora Bettinello - convivono accensioni inclusive alla Don Cherry, tecniche estese e un’irrequietezza punk che dona al suo fraseggio, anche nei momenti più distesi, una persistente idea di scarto, di fragilità che si ribella. I suoi progetti più recenti, dal quartetto (ampliato alle voci di vari ospiti) dei due imperdibili volumi Fly Or Die, fino al duo Anteloper con Jason Nazary, hanno avuto la capacità - grazie al felice sodalizio con l’etichetta International Anthem - di entrare nelle orecchie e nel cuore di un pubblico ben più vasto di quello che segue abitualmente le vicende del jazz creativo. Perché nelle sue note, nella sua musica bellissima e vorace di spunti, si percepisce sempre la sincerità, la condivisione di sentimenti mai smorzati dalle necessità della forma". Il duo Anteloper se vogliamo è una sorta di prosecuzione o evoluzione del Chicago Underground Duo. La musica di "Breezy" era affollata di voci e suoni, la sua tromba dolente, volava in alto, solitaria.
Le biografie jazz di oggi sono molto più ordinarie e molto meno drammatiche, non che debba essere necessario a tutti i costi, di quanto non avveniva una volta, come successe per Chet Baker o Steve Grossman. "Oggi siamo assediati da tanta musica ben confezionata, accattivante, fatta apposta per farsi largo in un’ascolto bulimico e stanco con lustrini e paillettes buoni per la seduzione di un giorno solo - ha argomentato Milton 56 su Tracce di Jazz -. Il modo migliore di ricordare Jaimie Branch sarebbe quello di mettere da parte per un poco la serialità e il rassicurante nitore esteriore della maniera, riservando invece un’attenzione più duratura ad una musica forse punteggiata da asprezze e possibili squilibri irrisolti che attendevano una futura maturità per raggiungere esiti formali più compiuti. Diversamente sprecheremmo un dono di vissuta intensità che ancora oggi nella nostra media normalità è costato molto caro a chi ce lo ha portato".
Jaimie Branch ci ha mostrato che le nuove vie del jazz, che si va a mescolare con altre suggestioni, possono essere percorribili, creative e stimolanti. Anche perché per continuare a suonare gli standards e renderli sempre "nuovi" bisogna avere doti rare, che hanno in pochi, in equilibrio tra tradizione e innovazione. Se manca tutto questo, anche standards immortali (e molto jazz mainstream) diventano routine, della quale facciamo volentieri a meno. Jaimie Branch era lontanissima dalla routine e dalla retorica, e anche per questo va ringraziata. Una musica fuori dagli schemi, destabilizzante e anticonformista fa bene alle menti ottuse e apre a nuove possibilità. Rimette tutto in discussione, insinua il germe benefico dell'indeterminatezza. Ascoltate Jaimie Branch (o comunque tutta la musica che sorga da impulsi onesti e creativi), sarà il modo migliore per omaggiarla e per aprire - fuori dai luoghi comuni e dai fin troppo tradizionali Concerti di Capodanno - questo 2023 appena iniziato.
Buon anno di pace e musica.