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Recensendo [cd]: "New York paradox" di Omer Avital
Scritto da Adriano Ghirardo   
mercoledì 27 maggio 2020
L'ascolto di ogni incisione di Avital porta con sé una emozione mista composta da stimolanti novità e rassicuranti certezze. Perché, nonostante il canovaccio sia sempre costituito da tradizione jazz e radici etniche, il gruppo riesce a tirarne fuori variazioni piene di forza comunicativa. Per chi, come me, ha avuto la fortuna di ascoltare il quintetto nel tour del 2018 (a novembre a Nizza, nel mio caso) le composizioni suoneranno già note in quanto messe a punto ed eseguite proprio in occasione di quei concerti. Gli appassionati hanno imparato a conoscere i nomi dei giovani compagni di viaggio di Avital (progetto Qantar): Alexander Levin e Asaf Yuria ai sassofoni, Eden Ladin al piano e Ofri Nehemya alla batteria. “Shabazi” apre le danze con un trascinante riff di contrabbasso e piano che lanciano il tema orientaleggiante eseguito dai fiati seguita da “Zohar smile”, ballad dedicata al figlio e dal brano eponimo che riporta la temperatura ritmica alle stelle. Se dovessi definire la musica composta dal quarantanovenne contrabbassista israeliano direi “gioiosa” perché, soprattutto dal vivo, è bello vedere la maniera in cui quasi danza sul palco felice di condividere ritmi e melodie con gli affiatati collaboratori. Se qualcuno lo ha chiamato il “Mingus israeliano” lui fa poco per nascondere l'ammirazione per i giganti del contrabbasso jazz. Infatti “Bushwick after dark”, omaggio alla “Bohemia after dark” di Oscar Pettiford, è un brano dal blues swingante che non sfigurerebbe in “Ah Um” e altri dischi di fine anni 50 del gigante di Nogales. Perché, come si dice spesso, la modernità viene espressa compiutamente da chi ha radice salde nella storia del jazz.