Recensendo [cd]: "The vagabond" di Aaron Diehl |
Scritto da Adriano Ghirardo
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marted́ 07 aprile 2020 |
Il trentaquattrenne pianista statunitense è uno dei musicisti più interessanti emersi nell'ultimo decennio. Sia nel ruolo di accompagnatore di Cecile Mc Lorin Salvant che nelle proprie incisioni soliste ha saputo fondere storia e contemporaneità in maniera personale. L'amore per la musica classica non lo porta ad improbabili e tardivi esperimenti di third stream ma gli permette di aggiungere un tocco raffinato ed impressionistico alla sua profonda conoscenza del patrimonio jazz. Stesso procedimento adottato da Brad Mehldau a cui, soprattutto nel brano eponimo, pare volgere la propria ispirazione. Diehl, nonostante la notevole tecnica, è un pianista che ama utilizzare con parsimonia le proprie doti pianistiche mettendole sempre a servizio della musicalità. Paul Sikivie e Greg Hutchinson, collaboratori fidati, applicano lo stesso criterio formando un trio che si esprime con una voce sola. Il lato “classico” viene omaggiato con “March from Ten Pieces for piano, opera 12” di Prokofiev e il minimalista “Piano Etude number 16” di Philip Glass. “The vagabond” risulta essere l'opera più matura prodotta dal giovane (e già pluripremiato dalla critica) pianista e l'interpretazione di “Milano” è un chiaro omaggio a John Lewis, collega di strumento che tentò di apportare influenze classiche alla propria visione di jazz.
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