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Ospedaletti: a "Jazz sotto le stelle" 15 anni di grande musica. Il bilancio dell'edizione 2018
Scritto da Adriano Ghirardo   
giovedì 16 agosto 2018
OSPEDALETTI - 15 anni. Chi ha avuto la fortuna di seguire tutte le edizioni della rassegna “Jazz sotto le stelle” di Ospedaletti ha potuto apprezzarne la crescita, il suo affermarsi come evento importante dell'estate della Riviera dei Fiori, la resistenza alla crisi economica e alle spinte verso musiche più commerciali. Dobbiamo, quindi, ringraziare il direttore artistico Umberto Germinale e i suoi collaboratori per aver assicurato una programmazione squisitamente jazz in controtendenza rispetto a buona parte dei festival estivi. Le serate di questa annata (dall'8 al 10 agosto all'Auditorium Comunale) rappresentano tre fotografie dello stato attuale di un jazz sospeso fra rispetto della tradizione e ricerca. L'impegnativo compito di aprire la rassegna è stato affidato alla compagine locale Ottimo Massimo, guidata dal sassofonista Andrea "Dema" De Martini, che ha presentato il proprio secondo cd “Tella Tingia Te”. Il gruppo, completato da Lorenzo Herrnhut-Girola alla chitarra, Francesco Bertone al basso e Enzo Cioffi alla batteria, ha dovuto fare a meno, per indisposizione, del pianista Cristiano Callegari. Ma, come nel succitato cd, si è avvalso della prestigiosa collaborazione di Antonio Faraò, Giampaolo Casati e Luigi Di Nunzio che hanno saputo infondere linfa positiva alle interessanti composizioni di De Martini. Che, come in altre occasioni, ha scelto un ruolo strumentistico defilato, giocando quasi da “regista” dell'operazione e lasciando maggiore spazio solistico ai colleghi. La serata più attesa ha rischiato di saltare a causa di uno dei rari acquazzoni di questa afosa estate. Ma la scelta di spostare l'esibizione del progetto “Sound Weaver” di Gavino Murgia, Nguyen Le e Mino Cinelu nella “Piccola” (ex Scalo Merci Fs) ha permesso al pubblico, che stipava la sala, di assistere ad una notevole esperienza sonora. Capita spesso di trovare nomi altisonanti che, alla prova dei fatti, interpretano il proprio personaggio senza apportare novità musicali né trasporto emotivo. Non è stato certamente il caso di “Sound Weaver” in cui una icona delle percussioni come Cinelu, uno dei chitarristi più innovativi della scena contemporanea come Le e il versatile sassofono di Murgia hanno dialogato cercandosi e gioendo del risultato con l'entusiasmo di un gruppo di esordienti. Dopo un inizio di atmosfera, giocato sull'uso dell'elettronica da parte di chitarra e sax, il gruppo ha dimostrato notevole dinamica e sapienza nell'alternare le composizioni (che faranno parte di un cd in lavorazione) a lunghi momenti di improvvisazione. Tre musicisti che, pur non dimenticando i loro percorsi (da Miles Davis ai Weather Report fino a Paolo Fresu e Antonello Salis), tentano l'impervia strada della commistione tra varie anime della musica contemporanea. L'entusiasmo del pubblico, al termine del concerto e dopo il canonico bis, dimostra che improvvisazione jazz e suggestioni etniche possono creare un risultato ancora originale e accattivante. La serata conclusiva ha visto il ritorno di Rosario Bonaccorso che, come ricordato nella presentazione del concerto, si esibì nella prima edizione del festival salvo tornare altre volte nel corso degli anni. “A beautiful story” è un progetto che traccia una specie di bilancio della sua splendida carriera che lo ha visto come accompagnatore di grandi jazzisti, leader, compositore e organizzatore del Percfest di Laigueglia. I suoi compagni di viaggio, più o meno storici, sono Fulvio Sigurtà alla tromba, Stefano Di Battista al sax, Dino Rubino al pianoforte e Alessandro Paternesi alla batteria. Il jazz di Bonaccorso è sempre permeato da una ricerca melodica cantabile che lo avvicina al grande pubblico grazie alla giusta miscela tra rigore musicale e atmosfera sognante. Il virtuosismo di Di Battista, la sicurezza di un Sigurtà, collaboratore di fresca data, il talento di Rubino e il fantasioso drumming di Paternesi, aiutano il leader a sviluppare le sue composizioni in totale empatia col pubblico. Ancora una volta Umberto ha visto giusto regalandoci tre serate di buon livello. Speriamo che l'esperienza di “Jazz sotto le stelle” prosegua, indipendentemente dalle future amministrazioni comunali, perché i sogni devono sempre avere la meglio sui ragionamenti contabili. E, mentre scrivo, mi tornano alla mente i versi di Peppe Servillo che parlano di “una canzone di bambina, così bella che sembra donna”. E mi sembrano un augurio di raggiungimento della maggiore età per la rassegna.

(18 fotografie di Giulio Cardone alle pagine 104 e 105 della Galleria immagini)