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Nice Jazz Festival 2018: il bilancio dell'ultima serata con Randy Weston's Africa Rhythms
Scritto da Adriano Ghirardo   
lunedì 30 luglio 2018
NIZZA - Nella sovraffollata stagione dei festival estivi è tradizione fare almeno una sosta alla rassegna di Nizza, ovvero il Nice Jazz Festival. Per godere dell'atmosfera piacevole e rilassata, per sostenere (con animo resistente) la parte di programmazione ancora destinata al jazz in un contenitore che abbraccia in maniera totale la musica moderna. E, questa volta, per festeggiare il settantennale della prima rassegna jazz europea. La serata del 21 luglio prevedeva, nella scena del Theatre de Verdure, una scaletta interamente dedicata alla tradizione afroamericana, seppur declinata in interpretazioni più o meno ortodosse. Il compito di aprire le danze spettava al quarantottenne pianista belga Eric Legnini impegnato nel tributo al pioniere del soul jazz Les Mc Cann. Ad affiancare il leader una buona sezione fiati, formata dal sax di Jon Boutellier e dalla tromba di Malo Mazurié, che gioca sul rapporto tra uno stile più moderno del primo rispetto al secondo. A rafforzare uno swing chiaro e cristallino ci pensa Ali Jackson, batterista le cui collaborazioni, da Wynton Marsalis a Kurt Rosenwinkel, testimoniano versatilità e qualità. Una musica brillante e piena di feeling che sa tenere insieme lo spirito giocoso della tradizione afroamericana con la sapienza armonica dei solisti trascinando il pubblico che assiepava l'arena. Giusto il tempo di sistemare la scena per accogliere gli alfieri del “jazz manouche” Trio Rosenberg. I fraseggi del solista Stochelo Rosenberg, accompagnato dal cugino Nous'Che che alla chitarra ritmica e dallo zio Nonnie al contrabbasso, sono profondamente debitori dello stile di Django Reinhardt e hanno costruito, nei 30 anni di carriera, il successo grazie a quel pubblico che cerca nel jazz consolatorie certezze invece che novità. Ad arricchire la scarna line up due ospiti: Mathias Levy al violino e Evan Christopher al clarinetto. Oltre ad alcune composizioni originali di Stochelo il gruppo ha eseguito, sostanzialmente, il repertorio reinhardtiano chiudendo con “Caravan”. Peccato che il bis, costituito da una delicata esecuzione in duo di “Nuages”, sia stato disturbato dalle urla belluine e dai suoni di fonderia provenienti dal gruppo elettronico che si esibiva in contemporanea nella Scene Massena. Il clou della serata era, a nostra opinione, il progetto di Randy Weston's Africa Rhythms Quintet. Il termine “leggenda” viene utilizzato spesso e a sproposito dalla critica ma diventa difficile parlare del novantaduenne pianista e compositore restando fuori da questo ambito. Cinquanta dischi a proprio nome ed una vita dedicata alla ricerca delle connessioni tra America e Africa lo hanno trasformato in manifesto vivente di questo genere. In questo gruppo si contorna di validi e rodati collaboratori quali i sassofonisti Billy Harper e TK Blue, il virtuoso del contrabbasso Alex Blake e le percussioni africane di Neil Clarke. Il gruppo produce una musica fresca che evita il facile esotismo in favore di una ricerca su suoni e ritmi che, come quella di Abdullah Ibrahim, avvicina le “musiche del mondo” alla “great black music” che se ne è abbeverata nel Novecento americano. In definitiva tre diverse visioni del jazz che dimostrano quanto vario e potenzialmente carico di stimoli resti questo genere nonostante i 100 anni di età.

(11 fotografie di Umberto Germinale a pagina 104 della Galleria immagini)