Alcuni giorni fa, grazie alla complicità dell'amico e musicista Adriano Ghirardo, per tutti noi il "Ragioniere", ho visto un film che merita attenzione, soprattutto per gli appassionati di jazz. Si tratta dell'esordio alla regia dell'attore Don Cheadle, che qui si cala perfettamente nei panni di Miles Davis. "Miles ahead" racconta la vita caotica e a tratti violenta (con sparatorie e scazzottate) del genio della musica afro-americana. Una vita eccessiva in tutti i sensi, con abuso di droghe e alcolici, segnata dall'amore tormentato per sua moglie, la ballerina Frances Taylor (finita poi sulla copertina di "Someday my prince will come"), nonostante le continue frequentazioni con altre donne. Anche se ci sono continui salti temporali, nella pellicola troviamo Miles in un periodo di crisi (sono i cinque anni che vanno dal 1975 al 1980). Vive chiuso nella sua casa-studio di registrazione e non ne vuole sapere di ritornare sulle scene. E' depresso, guarda la boxe in tv, sniffa cocaina e soffre di diabete e artrite (a causa della quale dovette farsi sostituire l'anca nel 1976). Di questo periodo si sa che ci furono tre sessioni di registrazione abbastanza fallimentari, cui presero parte Gil Evans (che se ne andò per non essere stato pagato) e Paul Buckmaster. Queste sessioni non sono ancora state pubblicate. La sua casa discografica, la Columbia, quindi lo pressa per tornare in attività, anche perché un grosso produttore viene a sapere dell'esistenza di un nastro con nuova musica del grande musicista. Tutto ruota intorno alla sparizione-furto di questo nastro e alla folle corsa di Miles per rientrane in possesso. In questa corsa è aiutato da un giornalista di Rolling Stones (Ewan Mc Gregor), che vorrebbe fare lo scoop della sua vita. Gran finale con il ritorno sulle scene di Miles-Cheadle (davvero una trasformazione) in un live con Wayne Shorter e Herbie Hancock. La sua assenza, vero centro del riuscito film di Cheadle, fece clamore e la sua leggenda crebbe. Storicamente Miles Davis tornò sulle scene nel 1981 con un nuovo gruppo (con Bill Evans, Marcus Miller, Al Foster e Mike Stern). Il film è stato presentato al New York Film Festival del 2015 e successivamente al Sundance Film Festival 2016. La visione di questo bel film, che chiaramente consigliamo, ha fatto riemergere dalla mia memoria due ricordi. Il primo è direttamente legato a Miles, il secondo a mio nonno paterno "Pierin", partigiano. Partiamo dal primo. Nel 1991, il 16 luglio, insieme al caro amico Mauro Bruzzone, andai alla Grande Parade du Jazz di Nizza per assistere ad uno degli ultimi conceri di Miles (morì il 28 settembre di quell'anno a 65 anni per un attacco di polmonite). Avevo 20 anni e potete, quindi, immaginare l'emozione. All'epoca il festival si svolgeva ai Giardini di Cimiez e Miles si esibì sul palco degli "Ulivi". Un luogo magico, con la socca, il vino rosé e le sedie azzurre (nella stessa serata si esibirono anche Lionel Hampton e Wynton Marsalis). Questa la formazione: Miles Davis tromba e elettronica, Kenny Garrett sassosfoni e flauto, Deron Johnson sintetizzatori, Joe "Foley" Mc Creary basso elettrico, Richard Patterson secondo basso elettrico e Ricky Wellman batteria (l'esibizione si può ascoltare su Youtube, durata 1 ora e 10 minuti). Tra i brani "Perfect way", "New blues (star people)", "Hannibal", "Human nature", "Time after time" e "Wrinkle". Era il Miles elettrico dell'ultimo periodo, quello che amo meno (se così si può dire), però era sempre Miles. Anche se il suo fisico era ormai debilitato (faticava a stare in piedi) ci regalò alcuni momenti di grande musica e certamente la possibilità di essere a due passi dalla storia del jazz. Verso la fine del concerto riuscimmo ad andare dietro il palco (in quel periodo c'erano pochi controlli e l'atmosfera generale era più distesa) e, dopo l'ultimo brano, Miles cadde a terra senza più un briciolo di energia (non suonò moltissimo e molto spazio fu lasciato alla band, con un Garrett in grande spolvero). Il fatto mi colpì e pochi mesi dopo, infatti, il 28 settembre, Miles morì a Santa Monica. In sostanza il suo corpo era arrivato al limite, però dopo aver rivoluzionato la musica almeno tre volte. E per questo lo ringrazieremo sempre. Il secondo ricordo, invece, mi riporta ad una vacanza che feci in Piemonte con mio nonno Pietro, partigiano della Brigata Garibaldi. Lui era lì con la sua compagna Emi e io andai a trovarlo (mia nonna Elena era morta da alcuni anni). In quei giorni girammo un po' per il cuneese in cerca di ristoranti e luoghi nei quali poterci rilassare all'aria aperta: a Borgo San Dalmazzo, a Vernante, a Limone e a Cuneo. Proprio a Cuneo chiesi a mio nonno di fermarsi (anzi guidavo io, la mia prima auto, una Renault 5) al negozio di dischi Muzak, in corso Nizza. Credo ci sia ancora adesso. Una volta entrati mi diressi nella zona jazz e dopo aver consultato gli scaffali decisi di acquistare quattro vinili di Miles Davis, che sto ascoltando in questo momento: "Tutu", "Amandla", "Decoy" e "Aura". Li conservo con soddisfazione, anzi sono un pezzo forte delle mia collezione di dischi e cd jazz (che ormai è diventata digitale, o meglio "immateriale" come dice il Filosofo). Infine consentitemi un ricordo. Un anno fa, nel mese di agosto del 2016, moriva a Berlino il sassofonista e pianista sanremese Paolo "Paolino" Sapia. Paolino aveva solo 42 anni ed era un grande talento della musica. Sono tantissimi i ricordi che mi legano a lui: ad esempio di quando tutti ascoltavano musica da discoteca o pop e noi ci infilavamo nella sua auto (una Polo Wolkswagen blu) ad ascoltare Bud Powell e Thelonious Monk (i nostri eroi, che tentavamo di imitare), ma anche Bill Evans e Sonny Rollins; le vacanze di Natale trascorse nella sua casa a Limone con il jazz sempre in sottofondo; le sue incursioni nei pianoforti dei vari locali che frequentevamo; le nottate in Francia (all'epoca andavamo all'Iguana e al Pastel sul vecchio porto di Nizza); le lezioni di pianoforte a Genova con Andrea Pozza; i suoi viaggi a New York; le ultime jam sessions alla Cave nella Pigna di Sanremo con il sax alto sulla scia di Gary Bartz. Dedico a lui quindi, all'amico e al musicista, questo scritto su Miles. Sono certo che gli farà piacere.
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