Recensendo [cd]: "Find the way" di Aaron Parks |
Scritto da Adriano Ghirardo
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venerdì 30 giugno 2017 |
Una boccata di aria fresca. Aaron Parks, Ben Street e Billy Hart producono un jazz equidistante dai trii di derivazione post-boppistica, dai tristi pianisti nord-europei che riempiono il catalogo Ecm e da quei gruppi di avanguardia che producono una ricerca spesso fine a sé stessa. E' sufficiente ascoltare la melodia dell'iniziale “Adrift” per entrare in una onda positiva che poi si protrae per tutte le tracce di questo riuscito cd. Al suo secondo disco alla corte di Manfred Eicher (fondatore e anima della già citata Ecm), dopo il solitario “Arborescence”, il trentatreenne pianista di Seattle si conferma una delle voci più convincenti del pianismo bianco contemporaneo. Insieme a Brad Mehldau e Fred Hersch pare essere uno dei pochi in grado di rivitalizzare la storia del pianismo jazz senza facili scorciatoie verso il successo e senza svilire artisticamente la gloriosa storia di cui si fa prosecutore. La raffinata bossa di “Song for Sashou”, il libero romanticismo di “Unravel” sono solo alcuni dei brani in cui il giovane pianista, sapientemente supportato da due musicisti che si fa fatica a considerare una mera sezione ritmica, ricama momenti di bellezza senza dimenticare mai di comunicare con l'ascoltatore. Dopo otto composizioni originali il disco si conclude con la title track, romantica canzone incisa negli anni '60 da Rosemary Clooney che Parks ascoltava da ragazzo. Sembra proprio di poter dire, parafrasandone il titolo, che Parks abbia trovato la via per ridonare vita al jazz dei nostri giorni. E, a qualche anno di distanza da “Invisible cinema” che ne aveva decretato l'ingresso a pieno titolo tra i “giovani leoni”, possiamo apprezzarne la raggiunta maturità.
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