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Interviste
Intervistando: il pianista Marco Cairone "La musica live č il mestiere pių antico del mondo"
Scritto da Freddy Colt   
martedė 05 luglio 2016
MILANO - Il “Mellophonium” ha intervistato il pianista Marco Cairone di Milano, ponendogli delle domande sull’attuale situazione della musica in Italia per uno strumentista, e su quale ne potrà essere il futuro. Marco Cairone suona dall'età di 7 anni e dopo studi classici di Conservatorio si è avvicinato ai generi più disparati interpretando brani classici e moderni con un proprio gusto jazzistico e personale.

Buongiorno Marco, sappiamo che sei reduce da un’ennesima serata di musica dal vivo in un locale di Milano. Com’è stato e cosa hai suonato?
"È andata bene. Come spesso mi succede ed è anche la mia condizione di performance ideale, è stata una serata al piano solo. Ho suonato alcuni brani del mio repertorio classical jazz ma inserendovi temi e brani anche recentissimi, colonne sonore di film, musica contemporanea e altro ancora. Mi sono molto divertito".

Il pubblico come era composto e come ha reagito?
"Il pubblico era composto da giovani (media sui 25 anni) e qualcuno più vicino alla mia età (ne faccio 46 quest’anno). Quando comincio a suonare noto quasi sempre un momento di stupore iniziale da parte soprattutto dei più giovani che forse non sono abituati alla musica eseguita al pianoforte acustico. Poi in base alle successive reazioni decido la scaletta dei brani che quindi non è mai definitiva e unica evento per evento".

Non ti sembra quello di decidere una scaletta al momento, un atteggiamento molto tipico di chi fa piano-bar?
"Dici bene. È proprio così. Del resto l'impiego, uso questo termine, più comune da tempo immemore di un pianista solista è stato il piano-bar, in cui il musicista, anche per attirare maggiori mance, studiava addirittura l’espressione del viso, l’atteggiamento, l’abbigliamento e altro ancora degli avventori, allo scopo di comprenderne il gusto musicale ed eseguire brani che per il tema o per la fama del momento potevano soddisfare meglio il cliente. Poi una volta individuati i soggetti più "sensibili" e magari anche più generosi (con le mance) si poteva assistere spesso a dei veri assedi da parte del pianista sul malcapitato. In fondo il piano-bar è una sorta di jukebox che suona a comando. Il mio atteggiamento non è proprio questo e non mi considero un pianista da piano-bar. Non lo disprezzo però, perché si impara molto anche da queste esperienze (che in passato ho fatto)".

Cosa pensi della musica dal vivo oggi?
"Penso che purtroppo sia sempre più dimenticata e poco favorita e soprattutto in un paese come il nostro, culla della melodia e della canzone, perché gli impegni e costi burocratici sono tali da scoraggiare ogni entusiasmo e passione verso le performance dal vivo. Poi c'è l'aspetto non meno importante del cachet: i locali per chi vuole cominciare da lì spesso pagano molto poco o non pagano affatto. Anch'io mi trovo a suonare ancora in certi ambienti del tutto gratuitamente ma lo faccio per altri motivi (vedi “Progetto giovani”)".

Quindi non ci sono speranze per il futuro della musica dal vivo? Tutto destinato a tramontare per la musica dj o quella radiofonica?
"Non esagererei nel senso che la musica dal vivo è comunque il più antico mestiere del mondo (non è l’altro cui pensiamo spesso come luogo comune). Da incisioni rupestri e altre tracce archeologiche sembra infatti che ancora prima che la donna capisse che uso poteva fare delle proprie "grazie", l'uomo della caverna avesse un repertorio di suoni, vocalizzi e strumenti che percuoteva e per i quali si metteva a disposizione di altri compagni in aria di feste o riti. Tutto questo in cambio di un pezzo di cibo magari più saporito o abbondante. Il mestiere oggi è molto logorante se ci si vuole mantenere davvero. Occorre molta determinazione ma si possono trovare ancora occasioni di vario genere (dai festival, ai recital, agli eventi teatrali e altro ancora) che magari non saranno estremamente remunerative (del resto c'è una selezione di musicisti molto serrata e le logiche dietro sono anche molto commerciali) ma che offrono al musicista occasioni di visibilità e crescita. Churchill diceva che il successo si raggiunge proseguendo da un insuccesso ad un altro insuccesso mantenendo sempre alto l'entusiasmo. Ma non tutti hanno o possono inventarsi capacità manageriali e soprattutto se è un giovane. Esatto ed è qui che ho pensato al "Progetto giovani"".
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