Se esiste una fonte della giovinezza Roy Haynes vi si è certamente abbeverato in maniera copiosa. Infatti il grande batterista (87 anni il prossimo marzo) continua a produrre col suo quartetto “Fountain of Youth” una musica che, pur non essendo particolarmente innovativa, rilegge con gran freschezza la storia del jazz di cui è stato e resta un caposaldo. Per questo cd Haynes aggiunge al solito quartetto completato da Jaleel Shaw al sax contralto, Martin Bejerano al piano e David Wong al contrabbasso ospiti del calibro di Chick Corea e Roy Hargrove a rafforzarne la qualità solistica ed interpretativa. Se Hargrove regala i suoi spunti su sei delle dieci tracce incise duettando con Shaw, con risultati particolarmente brillanti nel brano di apertura (la rollinsiana "Grand street") e “Tin tin deo”, la vera chicca dell’album è costituita dai duetti tra il leader ed un Corea in gran forma. I due, già collaboratori nel classico del 1968 “Now he sings, now he sobs”, interpretano con gran vigore la monkiana “Off minor” prima di cimentarsi nella libera improvvisazione di “All the bars are open”, malinconica dimostrazione della forza destrutturante cui sono capaci quando rifuggono da facili schemi. In “Passion dance”, che chiude questo riuscito album, si aggiunge la voce di un altro collaboratore del leader e cioè il sax di Marcus Strickland a rafforzare una front-line di fiati tra le migliori a disposizione nell’universo mainstream attuale. Ma è Roy Haynes a segnare con l’entusiasmo di un ragazzino l’ennesimo colpo a favore di una carriera che lo ha visto dividere il palco con musicisti così differenti quali Parker, Corea e Metheny, solo per nominarne tre che hanno segnato diverse epoche dello sviluppo della musica afroamericana.